Galeotto fu il castello. Alla scoperta di Gradara e dei suoi segreti Nominato nel 2018 borgo dei borghi, Gradara custodisce all'interno delle sue mura uno dei più begli esempi di architettura difensiva dell'arte italiana. Ma non solo. Fra spettacoli di falconeria, antiche segrete e amori proibiti il borgo è uno scrigno di sorprese capace di coniugare tra loro arte, storia, cultura e gastronomia.

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GRADARA (PU) — Le mura, che la circondano per oltre 700 metri, racchiudono al loro interno uno scrigno architettonico di suggestiva bellezza ma anche la storia di uno degli amori più struggenti di sempre. Ignaro del tempo trascorso, il piccolo centro marchigiano, un borgo unico dalla forte impronta medievale che un recente sondaggio ha incoronato come il più bello d’Italia, preserva questo e altri segreti. Scopriamo insieme quali.

Vale certamente la pena di recarsi a Gradara anche solo per la gita di un giorno. Il borgo, circondato da un’imponente cinta muraria e protetto da quattordici torri, è dominato dalla superba mole della duecentesca rocca, che conferisce allo skyline un’aura antica. Emblema di un passato glorioso l’edificio, più volte assaltato e mai conquistato, ci appare come l’ultimo baluardo di un Medio Evo mai completamente tramontato. Vitale e al tempo stesso a dimensione umana, Gradara si muove tutt’ora a passo d’uomo, tanto che all’interno della sua cinta muraria non circolano automobili. Ma non sono queste le sue uniche attrattive. Si dice infatti che il suo nome, Gradara, derivi dall’espressione latina grata aura, cioè “aria buona”, nonostante vi sia anche chi sostiene che, invece, all’origine corrisponda l’espressione Cretariae, ossia “terra di argilla”, con chiaro riferimento al terreno del luogo. Collocata in provincia di Pesaro-Urbino, Gradara è inoltre facilmente raggiungibile dalla costa adriatica, a soli 15 minuti da Gabicce e Cattolica, e a meno di 30 km da Rimini. 

Un borgo unico dalla forte impronta medievale

Adagiata sulle colline marchigiane, Gradara si colloca dunque a pochi passi dalla costa adriatica, sul percorso che conduce al Monte Carpegna. La sua imperiosa rocca è una delle più belle costruzioni che la storia del nostro Paese ci ha lasciato in eredità. Testimone di fatti “di dame, cavalieri, armi ed amori”, crocevia di traffichi, genti e quant’altro, la rocca sin dalla sua costruzione, avvenuta nel XII secolo per volere dei conti De Griffo, era un avamposto militare collocato in posizione decisamente strategica. Per questo a partire dal Medio Evo e fino al Rinascimento fu oggetto più di guerra che di pace, passando di mano fra le varie e numerose dinastie che durante i secoli se la sono contesa. Basti citare, fra gli altri, i Malatesta (signori di Rimini, Cesena e Pesaro), i Della Rovere, gli Sforza, i Medici e persino i Borgia. La famiglia Malatesta ha lasciato un’impronta tutt’oggi ravvisabile nel gonfalone del Comune, le cui tre spighe dorate che si stagliano sullo sfondo giallo e rosso simboleggiano abbondanza e prosperità ma ci ricordano anche che anticamente Gradara era appunto il granaio della potente famiglia. Ma il legame di Gradara coi Malatesta non si ferma qui. La rocca infatti si lega a doppio filo alla famiglia dei Malatesta per via di una delle più commoventi love story di tutti i tempi, avvenuta — si dice — al suo interno: quella che si consumò fra Paolo e Francesca.

Paolo e Francesca (Tate Gallery), dipinto del 1855 realizzato da Dante Gabriel Rossettti

Paolo e Francesca. Galeotto fu il castello

Immortalato da Dante, quello di Paolo Malatesta e Francesca da Polenta resta l’episodio forse più noto della Divina Commedia.

In nuce la vicenda si può sintetizzare così: Giovanni Malatesta (detto Gianciotto) signore di Rimini nel 1275 aveva contratto matrimonio con Francesca da Polenta. All’epoca i matrimoni erano metodi rapidi per suggellare accordi fra famiglie importanti. E, come talvolta poteva accadere in quei contesti, le nozze avvennero per procura. Paolo, detto “il bello”, più giovane di Gianciotto, uomo brutto, zoppo, rozzo e dedito alle armi,  fece le veci del fratello assente.  Pare che Francesca vedendo Paolo, e credendolo suo sposo, si innamorasse di lui a prima vista. Secondo Boccaccio, autore di un commento sulla Commedia, Francesca l’avrebbe “confuso” con Gianciotto, mai visto in precedenza. Ma Paolo era già sposato e padre di due figli e di questo Francesca era ignara.
Cosa c’entra Gradara? Il castello di Gradara distava mezz’ora a cavallo da Pesaro, di cui Gianciotto era podestà, e per questo motivo venne scelto come dimora dei neo sposi. Gianciotto, spesso assente, lasciava Francesca sola a casa favorendo inconsapevolmente la liaison fra la moglie e il fratello Paolo che avendo possedimenti anche lui in zona si sarà  trovato spesso a dover passare da Gradara.

“Soli eravamo e senza alcun sospetto” 
il Poeta farà dire a Francesca nel Canto V dell’Inferno.

Sorpresi da Gianciotto, pare a seguito di una spiata da parte di un servo, a quanto si narra proprio nel castello di Gradara, vuoi per gelosia oppure per sbarazzarsi insieme sia della moglie che del fratello, Paolo e Francesca furono passati entrambi a fil di spada. Qualcuno pensa che Gianciotto volesse, forse, inveire solo sul fratello e che Francesca interponendosi fra i due sia stata involontariamente colpita. Altri ancora sostengono che il marito li avesse sorpresi a letto addormentati. Dante dal canto suo dipinge la vicenda in modo onirico, sublimando un avvenimento che, forse, senza la penna di un poeta sarebbe caduto nell’oblio.
Sembra che nel 1581 le spoglie di Paolo e Francesca, o perlomeno i corpi di due amanti presunti tali, furono ritrovati a Rimini nella Chiesa di S. Agostino. Sepolti insieme e ricoperti di splendide vesti di seta, gli sfortunati giacevano abbracciati, uniti nella morte come non lo erano potuti essere in vita.

Altri personaggi, altre storie, altri segreti

Ma come appare oggi Gradara? Molto probabilmente come l’avrà vista anche Lucrezia Borgia (1480-1519), che a Gradara aveva soggiornato pur per un breve periodo. Figlia di Papa Alessandro VI, Lucrezia, ancora adolescente, era andata in sposa a Giovanni Sforza (1466-1510), Signore di Pesaro e Gradara. Nell’ala del castello che venne fatta costruire da Giovanni per Lucrezia in occasione delle nozze, è stata riallestita la stanza affrescata che lei stessa aveva occupato quando aveva soggiornato nello storico borgo.

Che cosa contiene al suo interno la rocca? Di tutto, di più e di varie epoche per giunta: oggetti, decori, dipinti, mobili e persino, nel suo sotterraneo, una ricca esposizione di strumenti di tortura, armi medievali e altri oggetti curiosi, tra i più strani e disparati che la storia ci ha consegnato.

L’imponenza e la maestosità della rocca, che si stempera nella dolcezza del paesaggio circostante, custodiscono però principalmente, sembra un destino, altri misteri. Il fossato che la circonda in realtà non è mai stato riempito d’acqua, poiché Gradara sorge in collina e non sarebbe stato semplice poterlo colmare; la doppia, possente cinta muraria eretta fra il XIII e il XIV secolo è sormontata, curiosamente, da merli in parte guelfi e in parte ghibellini, segno del passaggio in loco di signori appartenenti a sempre opposte e rivali fazioni.

Di fatto le merlature proteggono rispettivamente una la rocca e l’altra il borgo. I camminamenti o giro di ronda (lunghi poco più di 300 metri) sono un invito, tuttora rivolto al visitatore contemporaneo, a ripercorrerne i passi per godere dall’alto della splendida vista sull’entroterra marchigiano. Se vi capita di recarvi a Gradara nel periodo estivo concedetevi la camminata anche di notte: la suggestione dell’oscurità e il contrasto con le luci provenienti dalla rocca e dal borgo infondono alla passeggiata un’allure magica se non proprio fiabesca che consigliamo vivamente di vivere.

Per avere un’idea di come Gradara si sia ben preservata nei secoli, basta poi recarsi alla Pinacoteca comunale. Nella pinacoteca comunale, oltre alle opere di Bartolomeo Vivarini, Gian Giacomo Pandolfi e Benedetto Coda, è conservata la pala dipinta da Giovanni Santi (1440 ca-1494), padre del più celebre Raffaello Sanzio. Nell’opera, da lui firmata e datata 10 aprile 1484, l’artista raffigura i quattro Santi patroni di Gradara. Tra loro si scorge Santa Sofia che tiene tra le mani un modellino di Gradara.
Quel modellino è quasi del tutto simile a  Gradara come noi oggi la vediamo.

INFO

Castello di Gradara
Piazza V Novembre, 1, 61012 Gradara (PU)
www.castellodigradara.org

Gradara
Sito ufficiale: www.gradara.org
Pagina FB: www.facebook.com/ProlocoGradara

 

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