L’aurora boreale e l’incanto della Norvegia in inverno

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Aurora boreale

NORVEGIA – Le pennellate di Munch, il manto bianco delle strade, il verde dell’aurora boreale. Sono gli incantevoli colori della Norvegia in inverno, una meta che parrebbe impensabile scegliere in questa stagione, e che invece proprio nel periodo più freddo dell’anno regala emozioni impagabili. Vi raccontiamo quali.

La Norvegia in inverno: non rabbrividite al suono di queste parole, so che noi popoli latini siamo alquanto pretenziosi in fatto di climi, soprattutto se si parla di temperature rigide, di paesi nordici e di un sole troppo timido ma sono qui proprio per sfatare falsi miti, oltre che per avvalorarne altri che, con un po’ di spirito d’avventura, nella mia esperienza si sono rivelati oltremodo suggestivi.

Oslo, dai più considerata fredda, buia e spopolata, è il contrario di quello che ci si potrebbe aspettare: è una città viva e attiva, una capitale pulsante e affollata. Certo, non di quella folla fastidiosa che ti ostruisce il passaggio, che ti impedisce di trovare un posto sull’autobus e ti costringe a viaggiare incollato al passeggero accanto con una pressione tale da rischiare la fossilizzazione. Intendo un passeggio piacevole, ristoranti pieni, piazze che brulicano quel tanto che basta per non sentirsi soli. A farmi compagnia, infatti, musica e risate di giovani, seduti all’aperto, ai tavolini dei bar, dei pub. Sì, è vero, la temperatura era qualche grado sotto lo zero ed il mare era ghiacciato e voi vi chiederete come sia possibile concepire una seduta all’aperto con tali condizioni metereologiche, eppure vi posso assicurare che anche per me non è stato limitante, grazie al clima secco che rende il freddo più sopportabile.

Norvegia, OSLO - AskerBrygge, locali
SOPRA: Oslo, AskerBrygge, corso e locali

Una vita giovane che si respira soprattutto passeggiando per il molo dell’Aker Brygge, un quartiere che, negli anni ’80, ha subito il declino dell’industria cantieristica, trasformandosi in un quartiere residenziale fatto di costruzioni postmoderne dotate di tutti i confort, che si innalzano sulla riva, lungo la quale si snodano locali notturni di tendenza, senza nulla da invidiare alle più rinomate atmosfere esuberanti dei paesi mediterranei.

A questo fa seguito, immediatamente adiacente, il nuovo quartiere artistico di Oslo, Tijuvholmen, capolavoro di architettura contemporanea europea, impreziosito dal museo di arte moderna Astrup Fearnley, vanto non solo dei norvegesi ma anche di noi italiani, poiché concepito dall’archistar, nostro connazionale, Renzo Piano.

Norvegia, OSLO - Tijuvholmen
SOPRA: Oslo, il nuovo quartiere artistico, Tijuvholmen, capolavoro di architettura contemporanea

Ma il vero gioiello architettonico di Oslo è il Teatro dell’Opera, progettato da uno studio di architettura norvegese. Si affaccia anch’esso sul mare, ma che dico… sembra tutt’uno col mare. Dal tetto, con un gioco di scivoli, entra direttamente nell’acqua, rendendo l’edificio fruibile da ogni lato e ad ogni livello, da ognuno dei quali si può godere di una meravigliosa vista. È proprio questa peculiarità che fa del Teatro dell’Opera l’emblema incontrastato dell’importanza della cultura per Oslo: l’abbattimento delle barriere tra popolo e cultura.

Lasciamo le sponde del mare per dirigerci all’interno, verso le rive del fiume Akerselva, in un quartiere dove si incontrano, in perfetta armonia, la natura incontaminata e la vita metropolitana. Non bisogna dimenticare che Oslo è ricoperta di boschi e di verde per il cinquatatrè per cento, fattore che la rende la capitale più verde d’Europa. Lungo il corso del fiume, ancora locali, discoteche, palestre, parchi, sedi dell’università, tutti luoghi che nel nostro immaginario si affacciano su strade trafficate e rumorose e in cui si entra a prendere un caffè tra un suono di clacson e l’altro, si va in palestra tra una sgommata di motorino e il boato di un motore. Non così sull’Akerselva, qui si va al lavoro o in palestra accompagnati dal gorgoglio del fiume e dallo scroscio delle sue cascate. In perfetta simbiosi tra uomo e natura perché i norvegesi, va detto, la natura la rispettano proprio. Benché la Norvegia sia il primo produttore europeo di petrolio, la sua energia è infatti quasi esclusivamente prodotta per via idroelettrica. Inoltre, dal 2025 in poi, la Norvegia consentirà l’immatricolazione unicamente di automobili ed altri mezzi di trasporto elettrici, e l’ambizioso progetto è già cominciato grazie ad incentivi per l’acquisto di auto elettriche quali l’esenzione da costi di parcheggio, pedaggi e tasse.

Come ogni capitale che si rispetti – e per la gioia di tutti gli appassionati come me di gastronomia – non poteva mancare il mercato coperto, la Mathallen, una “sala da pranzo” ospitata nell’ex complesso industriale di Vulkan, dove è possibile assaggiare le specialità gastronomiche norvegesi come i suoi celebri salmoni, accompagnati da quel sentore di aneto che contraddistingue la cucina scandinava, o qualsiasi delizia etnica gradisca il palato oltre a poter, ad ogni modo, anche fare semplicemente la spesa, grazie alla presenza al suo interno delle più classiche pescherie, coloratissimi banchi della frutta e quant’altro.

Il mercato coperto è stata una gradita sosta per l’ora di pranzo, tra una visita culturale e l’altra. Infatti dal Munchmuseet, passando per l’Universitetets Botaniske Hage, si attraversa l’Akerselva e si torna nel centro, diretti verso la Nasjonalgalleriet, dove è possibile non solo osservare pregevolissime collezioni di dipinti europei (come ogni capitale che si rispetti), ma anche effettuare un excursus sulla meravigliosa arte norvegese e sul suo più celebre esponente: Edvard Munch.

Munch, dipinto
SOPRA: Munch, dipinto

Non nasconderò la viscerale e smodata passione personale che ho per l’arte di Munch, il profondo rispetto per la sua sofferenza e l’ammirazione per la sua capacità espressiva, il desiderio di esorcizzare il dolore, di dipingere l’emozione. Disegni essenziali, tele violentate, colori vividi come il colore del sangue, pennellate come strade tortuose, come percorsi dell’anima. Munch non dipinge ciò che vede, dipinge ciò che percepisce con il resto dei suoi sensi. Chi potrebbe mai dipingere un urlo? La vista è il senso attraverso cui percepiamo la pittura, cosa succede se dipingiamo qualcosa che si ascolta ma che non si vede? Solitudine, inquietudine, un’altalena in bilico tra provocazione e disperazione, questo è il suo lavoro, questo è Munch: un artista che si colloca in quel magico contesto artistico in cui le regole cambiano, essendo uno di quelli che ha contribuito a cambiarle.

Dai capolavori dei musei agli spettacoli della natura. La Norvegia in inverno è anche questo, basta salire un po’ più a nord, a quasi duemila chilometri dalla capitale e ad altrettanti dal Polo Nord.

Tromso
SOPRA: Tromso, centro urbano di quasi ottantamila abitanti, a metà strada tra Oslo e il Polo Nord.

Precisamente nella città di Tromso che, nonostante l’insolita posizione geografica, risulta inaspettatamente un grande centro urbano di quasi ottantamila abitanti. Se lo sviluppo della città è principalmente legato all’industria del petrolio, non è da meno dal punto di vista turistico, soprattutto nella stagione invernale, grazie a ben organizzati tour che si adoperano, armati della loro esperienza e conoscenza del territorio, per condurre gli escursionisti nei luoghi migliori (che solitamente sono incantevoli lande innevate) in cui è possibile ammirare uno dei più bei doni di Madre Natura: l’Aurora Boreale.

Dopo un ottimo pranzo, consumato davanti ad una finestra che offriva uno scenario notturno, in un caratteristico pub di Tromso, alle cinque del pomeriggio ci si mette in marcia con altri compagni di viaggio e le nostre guide, lontano dalle luci cittadine per raggiungere cieli bui e limpidi. La serata in cui sono capitata io non era tra le più fortunate, ci siamo spostati molto a causa del cielo coperto, peggior nemico della nostra missione, fino ad arrivare al confine finlandese e, addirittura, superarlo.

Da qui ha inizio l’avventura da veri esploratori: una volta arrivati abbiamo acceso un falò, ci siamo seduti tutti lì intorno, cinesi, americani, inglesi, spagnoli, a cercare di rubare tepore al fuoco acceso. Armati di termos, abbiamo sorseggiato una tazza di cioccolata calda e giocato con gli immancabili e intramontabili marshmallow da arrostire. Dello spettacolo naturale ancora non c’era traccia.

Con grande entusiasmo, nonostante il freddo intenso, nell’attesa, ci adoperavamo a impostare le macchine fotografiche perché dessero la miglior resa possibile nel catturale le luci dell’aurora e per chi ha un minimo di dimestichezza nel campo della fotografia può immaginare quanto sia già di per sé un’impresa in simili circostanze di luminosità, aggravate dal freddo pungente che rendeva quasi proibitivo sfilarsi gli ingombranti e caldi guanti da neve.

Aurora boreale
SOPRA: Aurora boreale, foto di gruppo

Arrivata l’ora di cena, grazie alle nostre atrezzatissime guide, abbiamo gustato una fumante zuppa di renna, unico conforto, ormai, perché il freddo, cominciava ad essere insopportabile e la delusione per la troppa attesa stava crescendo. Avremmo rischiato che, per quella sera, l’aurora boreale non si mostrasse. Per distrarci ci scattavamo foto a vicenda sullo sfondo di uno spiraglio di luce verde appena visibile all’orizzonte, magra consolazione nel caso fossimo andati via “a mani vuote”. Ricordo che è stato proprio in quel momento, proprio mentre ero di spalle e sorridevo all’obiettivo, che ho visto il viso della ragazza che stava per scattarmi la foto sporgersi dalla macchina fotografica con aria stupefatta ed entusiasta. Urlò qualcosa in inglese, non ricordo nemmeno cosa, mi girai di scatto ed eccola lì: un primo fascio di luce verde che avanzava nel cielo buio, una danza di nastri che ondeggiavano e che ad ogni movimento svelavano nuovi colori, dal rosa al celeste. Per l’emozione ci eravamo tutti dimenticati del freddo, eravamo in piedi a correre e cercare di scrutare l’intera volta celeste attraversata da una danza di fasci di luce.

A pensarci sarebbe stato bene godersela in silenzio, ma vi assicuro che era talmente emozionante da non riuscire a non entusiasmarsi per lo stupore e la meraviglia.

L’Aurora boreale, come una pennellata nel cielo, mi ha riportato alla mente le tele di Munch, la grandezza e la maestosità della natura, con la sua potenza e la sua inesorabilità, forse proprio quel senso di inquietudine nei dipinti dell’artista, forse proprio quella naturale maestosità di cui è ricca la Norvegia.

INFO
www.visitnorway.it
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Viaggiatrice appassionata nel mondo della lettura, lettrice avventurosa tra le pagine di un viaggio. Dipingo il mondo con la macchina fotografica e immortalo l’anima col pennello sulla tela. Il mio bagaglio è ricco di contrasti, così come le esperienze che ho fatto e i luoghi in cui ho vissuto. C’è un po’ di sole che mi porto dentro, quello della terra del sud da cui provengo e l’energia artistica della città dove vivo ora, Bologna. C’è una “sudata” laurea magistrale in storia dell’arte, ci sono tante aspettative per la nuova vita che sto per iniziare. C’è follia quando vesto i panni della climber, c’è equilibrio quando passeggio al parco col mio cane, il mio focolare. E c’è, ovviamente, la scrittura… quella da sempre, la mia voce, il senso con cui tocco, assaporo, annuso, ascolto e guardo il mondo.

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