“Dorian Gray. La bellezza non ha pietà”. Dalla penna di Oscar Wilde al teatro musicale di Pierre Cardin | INTERVISTA L'opera immortale di Oscar Wilde tradotta per il teatro musicale da un'icona dello stile, della moda e della bellezza dei nostri tempi. In scena il desiderio antico di fissare bellezza e gioventù in un eterno presente, amplificato da un massiccio e molto contemporaneo uso del video. Nuovo riflesso in cui specchiarsi per fissare - tra selfie, foto e immagini più o meno in movimento - la natura illusoria della nostra stessa esistenza

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BOLOGNA – Dopo i successi ottenuti a Roma e a Milano arriva anche a Bologna ‘Dorian Gray. La bellezza non ha pietà’, l’originale produzione della Maison Cardin che andrà in scena l’11 e il 12 maggio al Teatro Il Celebrazioni di Bologna. Si tratta di un’opera di teatro musicale che cattura lo spettatore trasportandolo in un universo onirico, dalla forte valenza estetica, in un racconto intenso, a metà strada fra psicologico e spirituale.

Prodotto da Pierre Cardin e dal nipote Rodrigo Basilicati, il lavoro teatrale si ispira al celebre romanzo di Oscar Wilde ‘Il ritratto di Dorian Gray’ (The Picture of Dorian Gray, questo il titolo in lingua originale), manifesto del decadentismo inglese, unico romanzo uscito dalla penna dell’autore irlandese pubblicato nel 1890.

Il quadro dipinto da Basil Howard che ritrae Dorian Gray, un giovane benestante dalla bellezza conturbante, invecchierà al posto del giovane modello e protagonista del romanzo. Dorian conserverà il proprio fascino per tutta la vita rimanendo sempre giovane come al momento in cui veniva immortalato su tela. Specchio di un’anima che a mano a mano si corromperà sempre più, il ritratto muterà aspetto recando le tracce del cinismo e della crudeltà del suo originale, che, contrariamente ad esso, resterà sempre bellissimo. Dedito ad una sfrenata ricerca del piacere edonistico e incurante del fatto che le scelte da lui fatte si ripercuotano o meno su altri, Dorian Gray, prigioniero di sé stesso e dei propri aberranti vizi, deciderà infine di riprendere in mano la propria esistenza attraverso un’ultima, estrema soluzione.

Presentato ufficialmente nel 2016 in anteprima mondiale al Teatro La Fenice di Venezia, nel suo primo allestimento diretto da Wayne Fowkes, ‘Dorian Gray. La bellezza non ha pietà’ ha poi intrapreso un tour internazionale passando da Parigi, Barcellona, Astana in Kazakistan e Atene, salutato con calore dal pubblico, ammaliato dalla superba messa in scena.

L’opera ‘Dorian Gray. La bellezza non ha pietà’ è stata ideata e scritta (partitura musicale e testi) dal compositore Daniele Martini, mentre la direzione artistica e le scenografie dello spettacolo recano la firma di Rodrigo Basilicati. Il nuovo allestimento, sulla regia originale di Wayne Fowkes, è siglato da Emanuele Gamba.

‘Dorian Gray. La bellezza non ha pietà’ si muove alternando intensi monologhi teatrali ad arie musicali che spaziano tra più generi, dall’orchestrale al rock contemporaneo. Sul palcoscenico il protagonista e la sua anima (incarnata da un mimo danzatore) si incontrano, si scontrano, dialogano, litigano in un crescendo di tensione, fino al climax finale, immersi in video-proiezioni e disegni di luce che formano geometrie oniriche proiettando la narrazione su più livelli di profondità.

A pochi giorni dallo spettacolo ne abbiamo parlato con il regista, Emanuele Gamba.

*** INTERVISTA A EMANUELE GAMBA ***

Partirei dal titolo, ma la Bellezza  ha davvero bisogno di essere pietosa? Non le è già sufficiente essere la “bellezza”?

Parto dicendo che il titolo non è mio. L’idea credo sia stata di Daniele Martini che è l’autore delle musiche dello spettacolo. Io sono modestamente il regista subentrato ad una precedente regia inglese. (…) Questo aspetto lo voglio chiarire. Io sono subentrato dopo il debutto e in quell’occasione ho conosciuto sia Daniele Martini che Rodrigo Basilicati, che sono rispettivamente l’autore e il direttore artistico dell’operazione, una produzione molto sui generis (a sé stante, originale, particolare ndr). Mi preme dire che i produttori sono di solito persone serie e molto preoccupate di far quadrare i conti, Rodrigo però oltre ad occuparsi (più che “preoccuparsi”) di far quadrare i conti, essendo lui un creativo ci ha sempre permesso di lavorare – sia me che Daniele – in un clima molto bello (…). Tornando alla tua domanda sono d’accordo con quello che dici e cioè che la bellezza di per sé è un grandissimo regalo. Claudio Abbado, con cui ho avuto l’onore di lavorare, ripeteva sempre la frase “La bellezza salverà il mondo”. Concordo con quello che dicevi, secondo me l’aspetto caritatevole è di per sé organico al fenomeno della bellezza, come dicevano gli antichi greci “kalòs kagathòs”  (καλός κἀγαθός, il bello e il buono nello stesso elemento, ndr). E siccome io credo moltissimo che la bellezza salverà il mondo aggiungo che la virtù e la bellezza non sempre coincidono. Sicuramente vediamo che anche nel racconto di Oscar Wilde il bello e buono non collimano. E in questo senso la bellezza non ha pietà. Il personaggio Dorian Gray è solipsistico (cioè solo, ndr) e  disperato, nella misura in cui si trova a vivere in un eterno presente che non fa che isolarlo. Dorian Gray vende la propria anima all’Ego. Questo fatto non gli consentirà più di entrare in relazione con chi lo circonda, con gli amori, gli affetti. Mentre tutto procede, si modifica, cambia, si corrompe o muore, lui si è condannato da solo a una presenza eterna ma solitaria e disperata. Su questo aspetto abbiamo lavorato con Daniele (Martini, ndr) e anche con Federico Marignetti, il protagonista di quest’opera, che lo vede impegnato praticamente da solo.

Infatti, ma si tratta di un jeu de massacre! Praticamente l’attore è sempre in scena.

Esattamente. Rispetto alla prima regia abbiamo inserito la presenza di un danzatore che rappresenta l’Anima. Loro (Dorian e l’Anima ndr) sono sempre presenti, l’Anima lo accompagna talvolta da vicino, altre da lontano, in un rapporto amoroso e amorevole, di pietas (pietà, affetto, ndr) ma talvolta anche in pieno scontro; chiaramente la scelta che Dorian fa di rinunciare a sé stesso porta la sua anima a soffrire. In scena ci sono momenti in cui quest’anima inizia a lordarsi, a perdersi, a tormentarsi perché non c’è più questo respiro unico e simbiotico col il protagonista.

Come si dà credibilità a un romanzo di questo tipo trasportandolo a teatro?  Nel testo abbiamo il quadro che invecchia al posto di Dorian ma a teatro come ci si riesce?

Intanto spero che quanto tu mi stai chiedendo sia davvero riuscito (ridiamo). Io sto tenendo dei corsi di recitazione in un’importante scuola di teatro a Milano e ragionavamo su questo con i ragazzi: quanto sia difficile tenere l’attenzione di persone non abituate a frequentare diversi livelli di realtà, generalizzo ma mi guardo in giro e vedo che c’è un certo sgomento. In questo senso siamo poco abituati a frequentare il livello delle anime, il livello del credo, della spiritualità e parlarne in teatro è ancora più difficile, proprio perché il teatro è il luogo dell’eccellenza della visione. Quindi se devi cantare e ballare un viaggio che può essere fatto di domande e di risposte, di dubbi, l’idea di introdurre quest’anima credo sia molto giusta, crea un duello o confronto, come ti dicevo, fra i due Dorian: quello che si è smarrito e quello che avrebbe potuto essere. In un certo senso la concretezza dei due personaggi Dorian/Anima è la cosa su cui ho cercato maggiormente di insistere: cioè una concretezza fatta di corpi che alle volte si sfiorano, si accarezzano e alle volte si scontrano, lottano. Ho sempre avuto paura che lavorare sul fatto di farne (dell’anima ndr) una presenza eterea o sfumata fosse una debolezza. Direi che qui l’Anima è una presenza volitiva, che cerca fino all’ultimo di ricondurre Dorian ad una ragione, al far pace, come per ognuno di noi, con il fatto che il tempo scorre e che ogni stagione ha una sua bellezza, ha sempre un suo perché, gli affetti si modificano, se ne incontrano altri… chi non ha il coraggio, come Dorian, di accettarlo, e decide di immolare tutto questo al piacere, diciamo, “dell’ora”, senza pensare né agli sviluppi né alle conseguenze, trova in questo danzatore un alter ego o un interlocutore che dà senso alla sofferenza e al dolore. Ha anche una forma di pietas quest’anima, per cui è stato anche molto bello trovarle un corpo e dare una forma a tutte queste che sono parole ma che poi sulla scena vengono tradotte in immagini.

Per quanto riguarda il testo, cosa si è mantenuto dell’originale wildiano? Al di là della necessaria traduzione, in che modo viene raccontata la storia?

Praticamente lo spettacolo è una grande flash back. Noi partiamo col racconto dal momento in cui Dorian decide di liberarsi da questo giogo e uccide sé stesso. In questo senso il racconto è abitato da fantasmi, un po’ come fosse “L’ultimo nastro di Krapp” (opera del Teatro dell’Assurdo, scritto da Samuel Beckett ndr). Il protagonista racconta la sua storia prima di pugnalare sé stesso e finalmente liberarsi. I protagonisti sono Basil, l’amico Lord Wotton, Sybil Vane, l’unico amore, e Dorian. Daniele (Martini ndr) attorno a questi pochi personaggi ha costruito una partitura. Non si può certo raccontare nello spazio di un’ora e dieci tutto il romanzo. Le scelte fatte funzionano benissimo e poggiano su di un solido architrave che sono questi personaggi.

Si parla di teatro musicale, l’opera quindi non è un musical?

Non lo è. Daniele viene dal conservatorio, entrambi siamo due mahleriani. La partitura è molto ricca, incrocia Mahler, la liederistica (genere musicale, tipicamente: composizioni per voce solista e pianoforte, ndr),  un certo  rock melodico, l’opera musicale italiana come ad esempio Nôtre Dame de Paris, c’è il pop. Daniele è uno che ha sempre incrociato i generi pensando alla funzionalità del racconto. Secondo me ha fatto un bellissimo lavoro.

INFO
Dorian Gray. La bellezza non ha pietà
11-12 MAGGIO

Teatro Il Celebrazioni
Via Saragozza, 234 – Bologna
Tel. 051 4399123

venerdì ore 11.00 (replica rivolta solo alle scuole) e ore 21.00
sabato doppio spettacolo alle ore 16.00 e alle ore 21.00
Biglietti da 10 € a 44 €

 


 

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