Suburbicon. Da uno script dei fratelli Coen, il ritorno alla regia di George Clooney George Clooney torna alla regia con una implacabile commedia noir dagli echi politici

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Left to right: Julianne Moore as Margaret and Matt Damon as Gardner in SUBURBICON, from Paramount Pictures and Black Bear Pictures.

SUBURBICON – La dark comedy di George Clooney tratta da una sceneggiatura dei Fratelli Cohen. Dal 6 dicembre 2017 nelle sale italiane. Regia di George Clooney. Con: Matt Damon, Julianne Moore, Noah Jupe, Glenn Fleshler, Oscar Isaac, Steve Monroe. Genere: commedia (USA, 2017). Distribuito da 01 Distribution. Durata 105 minuti.

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Mister George Clooney, dopo il deludente Monuments Men (2014), ritorna dietro la macchina da presa per dirigere una commedia noir al quadrato, anzi, al cubo, tratta da una vecchia sceneggiatura dei fratelli Joel e Ethan Coen (Fargo) e riscritta con il fidato Grant Heslov (L’uomo che fissa le capre).

Presentato quest’anno in concorso alla 74. Mostra del cinema di Venezia, massacrato dalla critica americana – 4.9/10 per Rotten Tomatoes, il più noto aggregatore di recensioni cinematografiche – Suburbicon racconta le storie parallele di due famiglie utilizzando diversi linguaggi e attingendo ad altrettanto diversi generi e sottogeneri: dalla suspense con delitto alla satira sociale fino a quella a sfondo interrazziale, il tutto sottolineato da uno humor fin troppo modello Coen.
Nella rigogliosa America anni ’50 sorge Suburbicon, quartiere residenziale pensato per la nuova e benestante classe media e ispirato al reale sobborgo Levittown: scintillanti casette tutte uguali, torte di mele tiepide, il prato da falciare la domenica dopo aver ritirato il giornale sul portico, un’atmosfera gioiosa da Happy Days, Mad Men e The Truman Show.
In questo luogo di apparente pace e apparente felicità dove tutti sono sorridenti, cordiali e soprattutto inequivocabilmente bianchi, arriva ad abitare una giovane coppia afroamericana con un bambino: la cortina di perbenismo ipocrita cade e precipita in una silenziosa, estenuante e ottusa resistenza al colorato invasore, fatta di steccati appositamente alzati, sottili rifiuti e sgarbi di ogni genere.

Nella casa accanto a quella della disgraziata famiglia abita Gardner Lodge (Matt Damon), padre vedovo di fresco lutto la cui moglie Rose (Julianne Moore), già disabile per via di un terribile incidente d’auto in cui era alla guida lo stesso marito, viene uccisa durante una rapina da due loschi figuri, proprio nella loro bella e protetta abitazione. Con Gardner vivono il delizioso e solitario figlio Nicky (Noah Jupe) e la fin troppo affettuosa e devota cognata Margaret, gemella di Rose (sempre Julianne Moore): sotto l’aria perbene che pervade il buon padre di famiglia e il quartiere modello, si nascondono segreti e sentimenti bestiali che, poco a poco, scateneranno imprevedibili quanto inevitabili drammi. Alla violenza di un evento luttuoso che colpisce proprio per la sua efferatezza, là dove nulla aveva mai intaccato la sicurezza e la tranquillità dei suoi abitanti, la paura e l’ignoranza prendono il sopravvento e si condensano attorno ai Mayers, a quello che si sente diverso, estraneo, unico elemento di disturbo possibile, ignorando che il male ha in realtà radici molto più profonde, vicine al nostro mondo e assomiglia spesso pericolosamente a noi stessi.

Non sono un mistero l’aperta antipatia di George Clooney verso l’attuale presidente degli Stati Uniti e il suo pubblico appoggio a Hillary Clinton e Barack Obama: la star democratica, da sempre impegnata in nobili cause politico umanitarie, continua la sua battaglia anche attraverso i suoi film, alla stregua di altri registi come Michael Moore o Kathryn Bigelow, altrettanto impietosi con la propria nazione e il proprio pubblico.
In Suburbicon l’enigma declina del tutto verso un’aperta critica al plumbeo clima razziale del paradigmatico Wasp Donald Trump, fautore di leggi anti-immigrazione e ideatore di ben più alti e amari steccati, e converge verso l’analisi impietosa di una società che, sulla scia del clima attuale, sta regredendo alle sue radici più rurali e trasformandosi in un paese gretto e chiuso a ogni cambiamento, dove l’istituzione sacra della famiglia cede il passo alla follia e in ogni impeccabile ambiente può nascondersi un portatore (in)sano di violenza.
La contemporanea indagine dei Mayers e dei Lodge serve al Clooney regista e futuro politico – sembra farsi sempre più vicina una sua possibile carriera presidenziale – per mettere a ferro e fuoco i solidi principi di un presente in cui l’American Dream, minato da uno spinto individualismo, non solo latita ma implode, caricato di armi vere e vera rabbia, pronto ad attaccare sé stesso da più lati.

Matt Damon e Noah Jupe in una scena padre-figlio
Left to right: Matt Damon as Gardner and Noah Jupe as Nicky in SUBURBICON, from Paramount Pictures and Black Bear Pictures.

Che cosa può salvarci dalla follia? Forse la resilienza, la capacità di resistere a ogni sciagura senza perdersi o cedere alla violenza con altra violenza, o forse – con un po’ di paternalistica retorica – le nuove generazioni, che hanno imparato a convivere con ciò che non è omologabile.
Dotato di virtuosismi registici, brillanti trovate visive, una sceneggiatura solida e dialoghi esilaranti, Suburbicon purtroppo cade proprio là dove avrebbe dovuto trovare il suo centro e la sua forza narrativa: le vicende della famiglia Mayers sono poco sviluppate e rimangono piene di buone intenzioni solo sulla carta. La questione razziale appare un mero pretesto per esibire l’alto ideale umano del regista, privandolo così di una visione davvero efficace anche a livello critico.
La comicità onnipresente dei Coen, pur formidabile, annacqua involontariamente il lavoro di Clooney sfilacciandone l’identità e riducendolo a un compitino svolto in modo impeccabile ma privo di elaborazione davvero personale.

In suo aiuto accorre un cast strepitoso: Matt Damon, con la sua perenne aria da biondo a modo e un po’ ottuso, regala al suo gustoso e psicopatico personaggio la giusta dose di frustrazione e follia e, abbinato a una stupefacente e altrettanto psicopatica Julianne Moore, dà vita a una coppia cinematografica che vorremmo rivedere ancora insieme, sul grande schermo.

Da segnalare la performance del piccolo e molto promettente Noah Jupe, che sarà nell’atteso Holmes and Watson diretto da Ethan Cohen e, soprattutto, la breve e significativa parte di Oscar Isaac (A proposito di Davis, 2013): nei panni di un assicuratore poco integerrimo, il suo incontro e la sua esilarante conversazione con l’ottima spalla Julianne Moore vale tutto il film.

Da vedere:
– Se amate Clooney dai tempi di E.R. e lo avete apprezzato anche come regista impegnato in Good Night, and Good Luck.
– Per la coppia Damon-Moore e il bravissimo Oscar Isaac.
– Per chi invidia il pragmatismo americano (e dovrà cambiare idea).

Suburbicon
Regia di George Clooney.
Con: Matt Damon, Julianne Moore, Noah Jupe, Glenn Fleshler, Oscar Isaac, Steve Monroe.
Genere: commedia (USA, 2017) distribuito da 01 Distribution.
Durata: 105 minuti.
Uscita: nelle sale italiane dal 6 dicembre 2017.

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