Pintoricchio, Giulia Farnese e il Papa. A Roma. In una mostra Splendidi dipinti che raccontano storie di papi e cortigiane nella Roma di fine Quattrocento. Ai Musei Capitolini fino al 10 Settembre 2017

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ROMA – In mostra ai Musei Capitolini fino al 10 settembre 2017, “Pintoricchio pittore dei Borgia. Il mistero svelato di Giulia Farnese”. Splendidi dipinti, oggetti di grande pregio e un racconto pieno di chiaro-scuri che mettono in luce storie di cortigiane e papi corrotti nella Roma tardo quattrocentesca.  

Il titolo della mostra “Pintoricchio pittore dei Borgia. Il mistero svelato di Giulia Farnese” è innegabilmente affascinante. Se poi pensiamo che il mistero a cui il titolo rimanda è stato risolto solo cinque secoli dopo, la faccenda diventa ancora più intrigante. Tre i protagonisti della storia: un pittore la cui fama si estende dal quattrocento ai giorni nostri, Pintoricchio, un papa ancor più celebre, Alesssandro VI Borgia, e una Dama famosa per la sua bellezza, Giulia Farnese, amante del papa e quarant’anni più giovane di lui.

Siamo nella Roma di fine Quattrocento e al soglio pontificio è appena salito Rodrigo Borgia (1431–1503) con il nome di Alessandro VI. Il pontificato di papa Borgia fu il più anomalo e torbido della storia: un papa con amanti ufficiali, concubine e ben sette figli non si era mai visto in precedenza. Intrecci, intrighi, alleanze sconcertanti – non ultima quella con i Turchi infedeli – veleni, dissolutezze, sperpero, calunnie e gelosie, dal primo istante in cui Rodrigo Borgia salì al soglio pontificio divennero all’ordine del giorno. Un merito però va riconosciuto ad Alessandro VI, quello di aver dato una pulsione all’arte come mai a Roma era stato fatto prima.

Molti furono gli artisti da lui chiamati nella città eterna e fra costoro anche Bernardino di Betto Betti, più noto con il nome di Pintoricchio (c.1454 – 1513), nomignolo dovuto alla sua figura minuta, che l’artista utilizzerà per firmare le sue opere. Insieme con Perugino e il giovane Raffaello, Pintoricchio fu uno dei massimi esponenti della scuola umbra del secondo Quattrocento. Artista completo, era in grado di realizzare qualsiasi tipo di pittura: tanto le miniature che l’affresco e la pittura su tavola. Chiamato a servire il papa, Pintoricchio realizzò uno dei più celebri e ammirati cicli pittorici della storia dell’arte, quello creato per l’appartamento papale. Si tratta della decorazione di sei grandi stanze, un impegno secondo solo a quello di Michelangelo nella decorazione della Cappella Sistina.

Nel giro di due anni, oltre all’appartamento papale, Pintoricchio realizzò anche le decorazioni della torre Borgia“che con infinita spesa”, ricorda il Vasari, “condusse alla perfezzione” (Vite de’ celebri pp. 516-17). Giorgio Vasari – poco entusiasta dell’arte del Pintoricchio –  si interessò in realtà solo a un’opera specifica, quella che a suo dire “Ritrasse sopra la porta di una camera la Signora Giulia Farnese per il volto di una Nostra Donna”. L’affermazione, vuoi per l’autorevolezza del Vasari, vuoi per la fama assolutamente esecrabile di Alessandro VI Borgia, sollevò ben più di qualche indignazione. La scena mostrava infatti il Papa genuflesso davanti a una Madonna col Bambino benedicente. L’opera, per questa presunta presenza di Giulia Farnese (1475-1524) in veste di Madonna, fece chiaramente scalpore e, considerata al limite della blasfemia, non poté che subire la censura. Ecco perché venne dapprima coperta, poi strappata dalle pareti, e infine dispersa in più frammenti dei quali si perse traccia. Fu solo grazie a una copia, realizzata nel 1612 dal pittore Pietro Fachetti, se l’immagine non andò perduta. Nel dipinto è riconoscibile papa Alessandro VI ed è perfettamente chiaro ogni riferimento iconico al Bambino, mentre il mistero della Vergine ritratta si è rivelato di lapalissiana semplicità solo dopo secoli di illazioni e quesiti irrisolti: l’immagine della Vergine, per tanto tempo identificata con Giulia Farnese, altro non è se non una splendida rappresentazione della Madonna, molto vicina all’immagine classica di tante altre tipiche Madonne dipinte dal Pintoricchio stesso.

La leggenda del ritratto di Giulia Farnese in sembianze di Madonna presente nell’appartamento del papa, quindi, nacque e si diffuse a causa della pessima nomea di Alessandro VI, i cui comportamenti scandalosi suscitarono a Roma, e non solo nella città eterna, quella forte corrente di sdegno e riprovazione che accompagnerà il nome del Papa e della famiglia Borgia da allora in poi. Il potere assoluto e marcatamente violento della famiglia Borgia fornì agli oppositori l’opportunità di diffondere voci perfettamente plausibili, specialmente se si riferivano alla decorazione delle stanze dell’appartamento di Alessandro VI. Il ciclo pittorico fu così ritenuto compromettente e di conseguenza censurato fino a venire definitivamente distaccato dalle pareti durante il pontificato di Alessandro VII (Fabio Chigi, 1655-1667). Le immagini della Madonna e del Bambino, come dipinti a sé stanti, entrarono a far parte della collezione privata dei Chigi, mentre il ritratto di Alessandro VI scomparve.

Solo dopo cinquecento anni da quegli avvenimenti, e grazie alla disponibilità dei proprietari delle opere, è stato possibile presentare per la prima volta i due frammenti vicini: quello del volto della Madonna, mai esposto in precedenza, assieme a quello del Bambino Gesù. Una ricomposizione ottenuta dopo lunghi studi, confronti e approfondimenti, che consente oggi di contemplare un’opera di grande interesse sottraendola all’oblio.

Il volto della Madonna, riaccostato a quello del Bambino dalle mani benedicenti, restituisce al pubblico un capolavoro dalla forte valenza iconografica e insieme teologico-religiosa. L’immagine del neo eletto papa rappresenta infatti l’elezione di Alessandro VI al soglio pontificio tout court, ed è per questo motivo che si mostra genuflesso in atteggiamento di devozione. Ogni altra speculazione non trova più ragion d’essere.

La damnatio memoriae colpì comunque Giulia Farnese, colpevole non solo di essere stata troppo bella ma soprattutto di essere stata l’amante del Papa più corrotto della storia, a maggior ragione se si considera che proprio grazie a quel legame Giulia ottenne grandi vantaggi non solo per sé ma anche per i famigliari. Di lei, della Bella Giulia, non rimane non a caso neppure un ritratto ufficiale.

Percorrere gli spazi espositivi della mostra “Pintoricchio pittore dei Borgia. Il mistero svelato di Giulia Farnese” significherà per il visitatore effettuare un viaggio a ritroso nel tempo sino a giungere nel cuore di uno straordinario periodo della cultura romana di fine Quattrocento, e “partecipare” al grande fermento umanistico che caratterizzò quel particolare periodo storico. Dalla fine del Quattrocento in poi infatti si sviluppò un marcato interesse per la riscoperta dell’antichità romana, su cui la Chiesa avrebbe fondato il proprio “rinascimento” politico e religioso.

Sono state scelte per l’esposizione anche trentatré opere del Rinascimento.  Selezionate fra i ritratti della famiglia Borgia, i dipinti di Bernardino di Betto (dalla Crocifissione della Galleria Borghese, alle Madonne della Pace di San Severino Marche e delle Febbri di Valencia) faranno da contorno alla ritrovata Madonna e al Bambin Gesù delle mani. In mostra ci sono anche  sette sculture di età romana, provenienti dalle raccolte capitoline, poste a confronto  con i dipinti dell’Appartamento Borgia (riproposti tramite fedeli gigantografie) così da documentare come il Pintoricchio si sia ispirato all’antichità classica per dare nuova linfa alla “rinascita” artistica e culturale della Roma dei suoi tempi.

INFO

Musei Capitolini
Piazza del Campidoglio, 1, 00186 Roma RM
Tel. 060608 (tutti i giorni ore 9.00 – 19.00)
www.museicapitolini.org; www.museiincomune.it

La mostra Pintoricchio pittore dei Borgia. Il mistero svelato di Giulia Farnese  è promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Crescita culturale – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali con il patrocinio della Commissione Permanente per la Tutela dei Monumenti Storici ed Artistici della Santa Sede, a cura di Cristina Acidini, Francesco Buranelli, Claudia La Malfa e Claudio Strinati, con la collaborazione di Franco Ivan Nucciarelli con la supervisione di Francesco Buranelli, con l’organizzazione dell’Associazione Culturale MetaMorfosi con Zètema Progetto Cultura.

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