The Horrors live @Locomotiv Bologna. Contaminazioni dark, space, electro e strani oggetti piramidali

0
2468
The Horrors

BOLOGNA – Atmosfere neo-gotiche, sonorità garage-punk, revival synth-pop anni ottanta, discese agli inferi di stampo elettronico e risalite sferraglianti in chiave shoegaze neo-psichedelica. Questo in sintesi il riassunto del dark-rock ipnotico e zigzagante degli Horrors, ad oggi una delle band più originali e interessanti del panorama alternativo britannico.  

Approdano al Locomotiv di Bologna il 6 dicembre dopo l’esibizione al Magnolia di Milano, per la seconda e ultima delle loro due date uniche italiane gli Horrors di Faris Badwan, la band britannica più camaleontica e citazionista di sempre, in tour con il loro ultimo album “V”.

Per chi se li fosse persi in questi ultimi 10 anni ecco il riassunto delle puntate precedenti: partenza tra fuoco fiamme e lapilli garage-punk con Strange House (2007); brusca sterzata elettronica con Primary Colours (2009); caduta libera nella new wave psichedelica e lisergica al limite del dream-pop di Skying (2012) e relativa resurrezione shoegaze/space-rock/synth-pop con Luminous (2014).
Il tutto accompagnato da sofisticate pose new-dandy di matrice britannica, un gusto per le atmosfere gotiche al limite del caricaturale e una propensione inarrestabile alla mutazione continua, al limite della possessione.

“Psychedelic furs, is it you?” commentava un fan all’uscita di “Skying”, capolavoro di futuristiche contaminazioni.
Oggi, dopo un decennio passato a percorrere e ripercorrere sonorità rigorosamente altrui con lo stesso irriducibile gusto manierista, istrionicamente retrò, e una caparbietà disarmante – il recupero in chiave contemporanea di materiali del passato non è così facile come sembra e non è banale nemmeno rielaborarli in chiave originale come fino ad oggi hanno saputo fare – la curiosità di vedere se, come e quando la vena si sarebbe esaurita era veramente tanta.

Per chi li aspettava al varco però niente di fatto, né in studio né in live. La parabola è sicuramente arrivata all’implosione ma non all’esaurimento, e la band è ancora perfettamente in corsa, più viva, vegeta ed eclettica che mai.

Dalla citazione all’autocitazione, “V” implode su se stesso stipando al suo interno tutti quei salti repentini di sonorità e di genere a cui, album dopo album, la band ci aveva (quasi) abituati. Un’accelerata vertiginosa che condensa mille sfaccettature in un unico album, sbalzandoci a destra e a sinistra, di traccia in traccia, come in un treno lanciato a folle velocità all’indietro nel tempo, in un buco nero anni ’80 e oltre.

Il live non poteva che ricalcarne l’andamento e a partire da Hologram, sublime discesa in una psichedelia space-prog da allucinazioni del nuovo millennio, ci proietta a velocità di curvatura in un compendio di pezzi che in un’ora e mezza circa spazia senza soluzione di continuità attraverso l’intera produzione della band. Da “V” (Hologram, Machine, Weighed Down, Press Enter to Exit, Ghost, Something to Rember) a “Primary Colours” (Who Can Say, Sea Within a Sea), da “Luminous” (In and Out of Sights) a “Skying” (Endless Blue, Still Life), manca all’appello solo “Strange House” del 2007 (e ci sarà un motivo). Ad ogni brano si intuiscono come da copione echi di generi e band anteriori, giusto il tempo per entrare in empatia col pezzo ma senza avere alcun modo di afferrarle, perché l’incalzare della progressione ci trascina immediatamente altrove.
Badwan si esibisce sul palco con le consuete movenze in bilico tra creatura neo-gotica e new dandy, attorcigliandosi lascivamente al cavo del microfono, danzando languidamente con l’asta e protendendosi a tratti pericolosamente in avanti sulla platea, come una creatura della notte, in precari giochi di equilibrismo sulle casse dislocate a bordo palco.

In cortocircuito anche l’estetica
, che dopo un decennio di performance in stile neo-gotico/post-punk/new-dandy rimarcate da opportuni tagli di capelli, abbigliamento e movenze, si arricchisce di improbabili screziature glam. Look del frontman per la serata: scarpe stringate, aderentissimi pantaloni in pelle e un luminescente, anacronistico e aderentissimo top di lamè, punteggiato di scintillanti paiettes. Tutto ovviamente total black.

Nota di colore: a rimarcare le sonorità arcaico-futuristiche di matrice space-prog, sul palco un piccolo e misterioso oggetto luminescente di forma piramidale, dotato di luci proprie, che lampeggia e si illumina di colori iridescenti al ritmo impazzito delle luci strobiscopiche.

The Horrors, Tom Furse's Pyramid Synth

Per chi si fosse domandato cos’era e non avesse trovato risposta (o per chi non lo avesse nemmeno notato), si tratta dell’unico sintetizzatore modulare piramidale esistente, apparso prima che altrove nel video cartoon-pop di Changing the Rain (“Skying”, 2012), animato e diretto da Pete Fowler.
Dalla pellicola alla realtà, la folle idea di farlo uscire dallo schermo è di Tom Furse, alias Tom Cowan, tastierista degli Horrors, supportato nella follia dalla XL Recordings e dall’altrettanto folle produttore di strumentazione elettronica Nervous Squirrel, un nome un programma.

Per gli appassionati del genere (e di analoghe stranezze ai confini della realtà), Tom Furse lo ha descritto così: “è un generatore di suoni preistorico anacronistici scoperto sul fondo di un cratere dopo la caduta di un asteroide 12 milioni di anni fa. Un’analoga apparecchiatura gemella è stata trovata sulla cima del Tempio della Luna in Perù. Ma il tutto potrebbe anche essere stato semplicemente sognato da Pete Fowler, commissionato nella realtà da Richard Russel della XL Recordings e costruito da un Nervous Squirrel (il nome del produttore). Arthur C. Clarke un giorno disse di avere la risposta ma morì subito dopo. Al momento l’oggetto risiede nel nostro studio, che lascia per fugaci apparizioni nei live ogniqualvolta possibile”.

Il produttore dal canto suo ha inserito questo commento sul suo sito ufficiale alla voce Pyramid synthesisers: “questo è un progetto unico commissionato dalla XL Recordings – preferirei non doverne produrre altri. Mandatemi una mail se desiderate commissionare un sintetizzatore su misura, ma di forma diversa…”

FOTO: Credits ©2017 Ph. Donatello Iacobone (all right reserved – use by permission)

SHARE
Classe '63, consulente di Marketing e Comunicazione sui canali digitali, è appassionata di cinema, fantascienza, arte, musica e spettacolo, con particolare riferimento a tutto ciò che contamina massivamente e in forma inestricabile quanto appena elencato sopra. Accanita consumatrice di serie TV, B-Movie, Urania, fantascienza e musicalmente fuori dagli schemi. Ama la neve, lo snowboard, il golf e le sfide. Digital addicted. Odia i percorsi lineari, la mancanza di fantasia e i bunker. Incidenti di percorso: Laurea in Lingua e Letteratura Anglo-Americana, Diploma di tecnico-progettista di Ipertesti, Master in Marketing, Comunicazione e Nuove Tecnologie con approfondimenti di semiotica applicata alla Comunicazione Pubblicitaria e al Marketing Digitale.

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here