Peter Jackson torna grande con “They Shall Not Grow Old”, documentario sulla Prima Guerra Mondiale Filmati colorizzati e convertiti in 3D, riprese di cento anni fa trasportate nel presente facendole apparire come se fossero state girate oggi. L'epico documentario commissionato a Peter Jackson da 14-18 NOW e dall'Imperial War Museum in associazione con la BBC viene finalmente distribuito in Italia da Mescalito Film

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They Shall Not Grow Old, Peter Jackson

THEY SHALL NOT GROW OLD – A cent’anni dall’armistizio del 1918, Peter Jackson  restituisce al qui e ora i volti e i corpi dei giovani soldati in trincea grazie alla tecnologia e alla forza del racconto cinematografico. Regia di Peter Jackson. Genere: DOCUMENTARIO (USA, 2018), Prodotto da House Productions, Imperial War MuseumWingNut Films, Distribuzione BBC (UK) / Warner Bros (global). Anteprima italiana il 23 ottobre 2018 presso la Festa del Cinema di Roma. In sala il 2-3-4 Marzo 2020 Durata 97 minuti

All’inizio degli anni Settanta Peter Jackson e un paio di amici si vestirono da soldati, scavarono una buca in giardino e giocarono alla Prima Guerra Mondiale. Erano ragazzini. A differenza di molti loro coetanei, però, non stavano giocando e basta: erano armati di una Super 8 per immortalare The Dwarf Patrol, il primo cortometraggio del futuro regista premio Oscar. Per renderlo più realistico, una volta girato Jackson forò la pellicola con degli spilli per ricavarne l’illusione dei lampi di luce che uscivano dalle canne dei fucili. Aveva nove anni.

Quando nel 1996, dopo cinque film e un finto documentario, Hollywood si accorse di lui, Peter Jackson sperò di poter unire in un solo film due sue ossessioni: King Kong e i caccia della Grande Guerra. La Universal aveva in programma un remake del capolavoro del 1933 e Jackson scrisse una sceneggiatura che cominciava con una rocambolesca battaglia aerea (una premonizione della celebre scena finale con i piloti che attaccano Kong sulla cima del grattacielo), corredata di un’entusiastica annotazione: «Non si era mai vista una scena d’aerei così!». Il film verrà realizzato solo molti anni più tardi, dopo lo straordinario successo della trilogia de Il Signore degli Anelli, ma con uno script completamente diverso e senza quella sequenza di apertura.

Nel 2007 la Red Digital Cinema produce una nuova cinepresa digitale e chiede a Peter Jackson, sempre all’avanguardia dal punto di vista tecnico, di testare il prototipo realizzando qualche inquadratura da mostrare alla convention annuale della National Association of Broadcasters. Jackson coglie la palla al balzo e in soli due giorni gira nientemeno che un corto di guerra, Crossing the Line, con protagonisti un pilota e un giovane soldato di fanteria. Le immagini sono mozzafiato (purtroppo possiamo sbirciarle solo nel trailer perché il corto non è mai stato distribuito al di fuori della convention) e vederle dopo They Shall Not Grow Old (presentato in anteprima italiana alla Festa del Cinema di Roma) le investe di una luce nuova.

Quanto alla trilogia fantasy che ha consacrato definitivamente Peter Jackson come Autore all’inizio degli anni Duemila, anch’essa racconta di una guerra, nella quale si trovano coinvolti umani, nani, elfi e hobbit, sottolineando non solo l’eroismo degli uni ma soprattutto l’orrore dell’altra (oltretutto l’esperienza personale dello stesso Tolkien come ufficiale nella “Battaglia della Somme” è una delle principali chiavi interpretative per comprendere da dove provengano le storie della Terra di Mezzo, e il regista se ne dimostra consapevole).

Ma da dove viene l’interesse (ossessione?) di Peter Jackson per un periodo che non ha vissuto e che lo avrebbe portato, a cinquantasei anni, a possedere quaranta Warbirds, vale a dire la più grande collezione privata al mondo di aerei della Prima Guerra Mondiale (aerei reali, ovviamente, non modellini)? «Sono cresciuto con mio padre che mi raccontava storie su suo padre, che la guerra l’ha fatta ed è sopravvissuto», spiega. Di qui l’esigenza di mettere al centro di They Shall Not Grow Old l’esperienza del soldato comune, il suo punto di vista: «Era un modo per conoscere quello che aveva realmente attraversato mio nonno». È a lui che il documentario è dedicato, come scopriamo nel cartello prima dei titoli di coda. «E poi in un certo senso sono un figlio della Prima Guerra Mondiale: papà ha scelto di emigrare proprio in Nuova Zelanda, dove ha incontrato mia madre, per la grande ammirazione che mio nonno aveva sempre manifestato nei confronti dei soldati neozelandesi al fianco dei quali aveva combattuto».

Conoscendo questi retroscena, non è più tanto bizzarro che l’Imperial War Museum britannico abbia commissionato una commemorazione del centenario dell’armistizio dell’11 novembre 1918 proprio al neozelandese Sir Peter Jackson (sì, è Sir dal 2010 «per aver prestato i suoi servigi al cinema»), regista di film splatter e ironici e poi di blockbuster internazionali. Né è stata una sorpresa l’annuncio che non bisognava aspettarsi un documentario come gli altri. Innanzitutto si sarebbe composto unicamente di materiale visivo setacciato dagli archivi del museo, e le voci fuori campo sarebbero state esclusivamente quelle dei reduci in testimonianze registrate dalla BBC negli anni Sessanta e Settanta. Niente esperti a mezzo busto con nome e qualifica in sovrimpressione, nessuna didascalia: niente che interrompesse il flusso degli eventi. Parola d’ordine: immersione totale. E per ottenerla, con la stessa libertà di chi a trent’anni fece un finto documentario su un inesistente pioniere del cinema neozelandese (Forgotten Silver), Peter Jackson decide di non lasciare le immagini così come sono. Per renderle più efficaci possibile e trasportare quel passato museale nel qui e ora, decide che la cosa più rispettosa da fare è manipolarle: sguinzagliando gli esperti digitali della WETA, la sua pluripremiata casa di produzione di effetti visivi, elimina lo sfarfallìo (il cambiamento continuo di luminosità), crea nuovi fotogrammi per portarli da 16 (la visione velocizzata tipica del muto) a 24 al secondo (la visione a cui siamo abituati che ci dà l’impressione di fluidità del movimento), colora le immagini e aggiunge il sonoro, non solo per i rumori in sottofondo, ma anche per le voci in primo piano, ricostruendo le frasi dette dai soldati grazie al labiale. E la visione è possibile anche in 3D. Non si può dire che abbia “restaurato” i filmati d’archivio, perché non ne ha ripristinato l’aspetto originale, bensì ha cercato di ricreare l’aspetto che avrebbe dovuto avere quanto ripreso se fosse stato ripreso… oggi.

La colorizzazione ha sempre avuto i suoi detrattori, ma questa volta non si è trattato di alterare un progetto estetico pre-esistente, piuttosto di sopperire tecnologicamente ai mezzi del passato per raggiungere una maggiore accuratezza storica e riattualizzare la percezione del pubblico: aggiungendo suoni, colori e “rallentando” il filmato ci fa vedere la guerra come l’hanno vista i soldati. Non dei soldati generici, o degli attori che interpretano dei soldati. No, proprio quei soldati lì davanti a noi, coloro che non sarebbero invecchiati (il titolo è tratto da un verso del poema Per i caduti di Laurence Binyon). «Volevo far diradare la nebbia del tempo e trasportare quegli uomini nel mondo moderno, in modo che potessero riacquistare la loro umanità ancora una volta, piuttosto che essere visti come figure che si muovono alla Charlie Chaplin in filmati di repertorio».

Questo “effetto di realtà” non riguarda tutto il film, ma quando scatta (grazie al passaggio di formato da 4:3 a panoramico e grazie al sonoro che diventa multitraccia) è dirompente. Il cinema diventa una macchina del tempo che, anziché trasportare noi nel passato, trasporta il passato davanti ai nostri occhi e dentro le nostre orecchie. E questa immersione negli orrori della guerra diventa totale non in un momento qualsiasi, ma esattamente quando i soldati raggiungono il fronte. Prima assistiamo alla chiamata alle armi, con le pubblicità dell’epoca che puntano sull’avventura, sul dovere e sul senso di colpa dei giovani britannici, trasmettendo un’idea romantica ed edulcorata della guerra. Dall’arruolamento si passa all’addestramento, e ciò che vediamo con ostinazione sono le pacche sulle spalle, gli scherzi tra commilitoni, le sigarette, i brutti denti dei tanti sorrisi davanti alla macchina da presa. Poi c’è il trasferimento e tutto cambia: ci vengono fatti rivedere quegli stessi ragazzi scherzare, marciare e mangiare e, con uno stacco, diventare cadaveri nel fango o sul filo spinato, senza sconti su menomazioni, corpi squarciati, buchi di pallottole, sangue, decomposizione e insetti sulle carcasse… E in sottofondo esplosioni, esplosioni tutto il tempo.

They Shall Not Grow Old, Peter Jackson

Qualcuno non ha retto e ha abbandonato la sala. Tra pause, assalti, feriti e prigionieri, Peter Jackson ha saputo costruire con la sola forza del montaggio audiovisivo un vero e proprio racconto che arriva fino alla fine della guerra. I sopravvissuti tornano a casa accolti da mogli, sorelle e madri. Vanno a messa con coloro che li hanno aspettati, prendono il tè insieme, giocano con i bambini al parco, e tutto torna in bianco e nero, più piccolino, velocizzato. Quanto quei ragazzi hanno visto e vissuto rimane incomunicabile. Troppo reale. Forse uno spiraglio lo possiamo intuire da questo documentario, dalle facce che il cinema ha saputo catturare una volta per tutte sospese nel tempo, anche se la permanenza di questo documento-monumento è solo un’illusione che vediamo in più punti vacillare: in qualche ralenti i volti quasi si sdoppiano, si agitano come fantasmi, si rifiutano di stare nei contorni dei colori e nei ritocchi del digitale, e i colori stessi non sempre sfuggono a un effetto pittorico. Imperfezioni che scongiurano il rischio di un’aderenza puramente istintiva all’oggetto della visione e ci ricollocano nel nostro ruolo di testimoni dal futuro. Noi non sentiamo freddo, come loro. I nostri piedi non rischiano la cancrena, come i loro. Noi non sentiamo l’odore della morte, come loro. Noi invecchiamo. Loro no.

Essi non invecchieranno
come invecchiamo noi che siamo rimasti.
L’età non li affaticherà, né gli anni saranno
la loro condanna.
Li ricorderemo al tramonto del sole
e all’inizio di ogni nuovo giorno.

INFO

THEY SHALL NOT GROW OLD
Regia di Peter Jackson

USCITA NELLE SALE:
Al cinema in Italia il 2-3-4 Marzo 2020, distribuito da Mescalito Film, con il titolo: They shall not grow old – Per sempre giovani

La pellicola è stata presentata in anteprima assoluta al London Film Festival il 16 ottobre 2018 e in anteprima italiana alla Festa del Cinema di Roma. In distribuzione dal 9 novembre nelle sale inglesi, “They Shall Not Grow Old” è uscito anche sul piccolo schermo l’11 novembre 2018 in occasione del Remembrance Day (solo UK, canale BBC2 h 21:30).

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